Quanto veloce cade la pioggia?
Applicazione di un radar doppler...
Introduzione
Questo studio ha l'obiettivo di verificare nuove e distinte applicazioni dei moduli radar doppler, recentemente disponibili sul mercato consumer a costi amatoriali. In particolare cercheremo di impiegarlo per determinare la velocità di caduta delle precipitazioni atmosferiche.
Il radar, un poco di storia
Il termine "RADAR" fu coniato nel 1940 dalla US-Navy, quale acronimo dell'inglese "radio detection and ranging" ("individuazione e misurazione di distanza via radio"). Col passare degli anni, l'acronimo è entrato a far parte di molte lingue correnti divenendo nome comune e perdendo la grafia maiuscola.
Come per altre creazioni tecnologiche dei nostri tempi, anche il radar non ebbe un solo “padre” ma fu il risultato di una serie di sviluppi successivi di scienziati e ingegneri. Il primo ad usare le onde radio per segnalare «la presenza di oggetti metallici distanti» fu Christian Hülsmeyer, che già nel 1904 dimostrò che era possibile rilevare la presenza di una nave nella nebbia, ma non ancora la sua distanza. Nell'agosto del 1917, fu Nikola Tesla a stabilire i principi del funzionamento delle frequenze e del livello di potenza dei primi radar. Nel 1922 Guglielmo Marconi promosse l'idea di un radiotelemetro per localizzare a distanza mezzi mobili e nel 1933 ne propose la realizzazione a un gruppo di militari italiani. Nel 1936 fu l'ungherese Zoltán Bay il primo a produrne un modello funzionante nei laboratori di Tungsram.
Funzionamento di base
Il radar basa il suo funzionamento sul fenomeno fisico della dispersione della radiazione elettromagnetica (backscattering) quando questa colpisce un oggetto di dimensioni maggiori della lunghezza d'onda della radiazione incidente (in caso contrario si ha diffusione dell'onda in una qualsiasi direzione casuale oppure diffrazione). La radiazione di ritorno può essere rilevata dall'antenna ricevente dopo un certo tempo t pari al doppio del tempo di propagazione antenna – bersaglio.
Nel caso di bersaglio singolo, la potenza Pr che ritorna all'antenna ricevente è data dall'equazione del radar che altro non è che l'equazione del bilancio di radiocollegamento applicata ad un sistema radar:
dove:
Pt = potenza del trasmettitore,
Gt = guadagno dell'antenna del trasmettitore,
Ar = area equivalente di antenna del ricevitore,
σ = superficie equivalente dell'oggetto o funzione trasversa di scattering (RCS)
Rt = distanza del trasmettitore dall'oggetto,
Rr = distanza dell'oggetto dal ricevitore.
Lr = perdite di attenuazione del mezzo atmosferico, dell'antenna e della catena ricevente.
Nel caso più comune, in cui l'antenna trasmittente e quella ricevente coincidano fisicamente (radar monostatico), si hanno alcune semplificazioni quali:
Rt = Rr
quindi il prodotto Rt² Rr² può essere sostituito da R4, dove R è la distanza dall'apparato radar all'oggetto osservato.
Inoltre,
dato che:
possiamo scrivere l'equazione finale:
Uno dei risultati più importanti della formula è il dimostrare come la potenza dell'onda riflessa ricevuta diminuisca con la quarta potenza della distanza, quindi l'entità del segnale ricevuto dall'eco è generalmente molto esigua.
In generale la riflettanza radar, cioè il coefficiente , dipende oltre che dall'area e dall'angolo di vista dell'oggetto anche dalla sua rugosità e dalla permittività elettrica del materiale del target.
Il radar doppler
Come anticipato, per i nostri studi ed esperimenti, impiegheremo un radar tipo doppler, oggi disponibile a basso costo dalla catena di distribuzione Conrad (ad esempio).
Ma cos'è un radar doppler e come funziona?
Il radar Doppler è una versione particolare che si basa sull'effetto di spostamento di frequenza del segnale ricevuto (eco), detto appunto effetto Doppler, rispetto a quello trasmesso. Esso è utilizzato per la misura della velocità radiale di un target (obiettivo) rispetto ad un sistema di riferimento.
L’effetto Doppler (scoperto nel 1842 dal fisico austriaco Doppler C.J.), consiste nella variazione apparente della frequenza di una radiazione, per effetto del moto relativo tra sorgente e ricevitore. Esso si applica a tutti i fenomeni ondulatori, quindi sia ad esempio a quelli acustici sia a quelli luminosi (nei primi è l’aria ad essere compressa e dilatata periodicamente, mentre i secondi vengono prodotti da un’oscillazione di un campo elettromagnetico). Tipico esempio è l'ascolto della sirena di un mezzo di soccorso che si muove rispetto all'osservatore. In astrofisica questo effetto permette di stabilire la velocità di stelle o corpi celesti osservando in che modo i loro spettri luminosi si spostano di frequenza (se la stella/galassia si sta avvicinando, lo spettro si sposta verso il blu, se si sta allontanando allora verso il rosso).
Vediamo un poco più da vicino il suo funzionamento, senza per questo perderci in eccessiva “matematica”.
Un’antenna trasmette un segnale alla pulsazione ω che viene riflesso da un oggetto posto a distanza R. Il segnale, pertanto, tornerà all’antenna dopo un tempo Δt. Se il bersaglio si muove, nel tempo Δt impiegato dal segnale per tornare all’antenna, cambierà la distanza R e con essa la fase del segnale di ritorno. Questo cambiamento viene percepito come una variazione di frequenza che vale: