Sperimentiamo il riscaldamento ad induzione
Chi non ha mai notato come un qualunque trasformatore diventi caldo dopo un poco che funziona? Questa generazione di calore è sostanzialmente dovuta a due effetti: perdite nel rame dell'avvolgimento e perdite nel nucleo. Le prime sono molto comprensibili ed effetto del passaggio della corrente elettrica in un conduttore, che per quanto buono sia, ha pur sempre una sua resistenza. Ma nel nucleo? Come mai si perde potenza? Si possono sfruttare queste perdite a fini utili? A queste domande cercheremo di dare una risposta nel seguito dell'articolo.
Le perdite nei materiali conduttori immersi in campi magnetici variabili
Quando una corrente elettrica attraversa un conduttore, genera attorno allo stesso un campo magnetico. Nel caso di correnti alternate, quando la corrente cambia verso, anche il campo magnetico cambia direzione mano a mano che la corrente inverte la direzione. Quando si colloca un secondo conduttore all'interno di questo campo magnetico alternato, nello stesso viene generata una corrente alternata, proporzionale alla corrente primaria e all'inverso del quadrato della distanza tra essi. Questa corrente indotta riscalderà il conduttore proporzionalmente alle perdite I²R determinate dalla resistività e sezione del materiale. Dette correnti indotte nei conduttori da un campo magnetico variabile sono denominate correnti parassite o correnti di Foucault o correnti di eddy (dall'inglese eddy: vortice)
Questo fenomeno è chiamato riscaldamento a correnti parassite.
Se il materiale del secondo conduttore ha proprietà magnetiche si verifica anche un secondo effetto di riscaldamento dovuto “all'attrito” che i dipoli magneti del materiale devono continuamente effettuare per mantenere l'allineamento al campo magnetico esterno.
Questa modalità si chiama riscaldamento per isteresi.
Applicazioni utili delle perdite per correnti parassite e isteresi
Mentre nei trasformatori dette perdite costituiscono un handicap da minimizzare per quanto possibile, gli stessi fenomeni fisici si possono sfruttare positivamente per riscaldare in maniera molto efficiente e controllata vari materiali conduttori.
Il riscaldamento a induzione è attualmente impiegato in moltissimi processi che prevedono temperature di lavorazione dai 100ºC fino a oltre 3000°C. Si può utilizzare sia in processi di riscaldamento brevi, della durata di frazioni di secondo, sia in quelli che durano mesi.
Il riscaldamento a induzione è comune nella cucina domestica o commerciale e in numerose applicazioni quali fusione di metalli (ma non solo), trattamenti termici (i.e. tempera), preriscaldamento per saldatura, brasatura, saldatura, sigillatura, montaggio a caldo, produzione di semiconduttori.
Fattori da considerare nel riscaldamento ad induzione
Il materiale da riscaldare e le sue dimensioni determinano frequenza e potenza di riscaldamento necessari: acciai e ferro si riscaldano molto facilmente data la loro resistività elevata, al contrario rame e alluminio richiedono maggiore potenza.
Alcuni metalli hanno proprietà magnetiche per cui quando si riscaldano a induzione si fruttano sia la resistività sia le proprietà di isteresi del materiale. Questo almeno fino alla temperatura nota come punto di Curie (500-600 ⁰C negli acciai) oltre la quale le proprietà magnetiche svaniscono e quindi per il riscaldamento a temperature superiori occorre sfruttare le sole correnti parassite.
La frequenza della corrente va valutata in base alle dimensioni del pezzo da riscaldare. Il riscaldamento efficiente di pezzi di piccole dimensioni richiede frequenze più alte (oltre i 50kHz), mentre i pezzi di grandi dimensioni traggono generalmente beneficio da frequenze inferiori ai 10 kHz e da una maggiore penetrazione del calore generato.
Esiste infatti una relazione tra la frequenza della corrente alternata e la sua profondità di penetrazione nel materiale nota come effetto pelle. Le frequenze generalmente comprese fra i 5 e i 30 kHz sono quindi adatte a materiali spessi che richiedono una penetrazione profonda della corrente (e quindi della generazione di calore), mentre le frequenze più alte, da 100 a 400 kHz, sono adatte a piccole parti o a riscaldamenti superficiali. Il campo delle frequenze utilizzato nel riscaldamento ad induzione si estende fino oltre i 60 MHz.
Nel caso si sfruttino anche le perdite per isteresi, più alta è la frequenza più elevato è il calore prodotto. Per meglio intuirne le ragioni si può pensare per analogia a quando ci sfreghiamo le mani per riscaldarle: più velocemente le sfreghiamo, più calore generiamo.
Come prima accennato, la corrente indotta all’interno del materiale riscaldato è più concentrata sulla superficie e decresce rapidamente verso l’interno. Pertanto la superficie si scalda molto più velocemente della parte interna: gran parte del calore prodotto nel materiale si genera nello strato superficiale. Si parla infatti di “effetto pelle“ del materiale, già noto a quanti praticano un po' di radiotecnica e si trovano a dover argentare le superfici di bobine o cavità risonanti per minimizzarne le perdite.